di Alberto Castaldini[1]

Il “fenomeno Halloween” presenta origini antiche e derive moderne. Sul sostrato pagano della festa di Samhain, centrale nel calendario celtico poiché sanciva il passaggio dalla stagione estiva a quella invernale, nel corso dell’alto medioevo europeo si era sovrapposta – in un processo di rifondazione religiosa e adattamento ecclesiale – la ricorrenza di Tutti i Santi, chiamata nell’inglese antico “All Hallows”, con la sua vigilia “All Hallows’ Eve” o “Even”. Da qui Halloween. L’emigrazione in America del Nord delle popolazioni provenienti dalle Isole britanniche, in particolare dall’Irlanda, trapiantò questa festività nel Nuovo Mondo. Progressivamente, da un lato lo sradicamento dal contesto sociale originario, dall’altro la pressione esercitata dal mondo protestante, hanno riconvertito Halloween in una festa consumistica di massa, dove la memoria cattolica di Ognissanti è stata rimossa, veicolando nuovamente i contenuti pagani per sovrapporli alla prassi cristiana già indebolita da secolarizzazione e relativismo. Tutto questo fa pensare alla “degradazione dei miti” di cui parlò lo storico delle religioni Mircea Eliade, oppure a una manipolata quanto pericolosa loro riproposizione. Pericolosa perché oggi Halloween è diventata un’occasione anche per avvicinare le giovani generazioni, e la gente in generale, alle pratiche occultistiche e neopagane.

Per comprendere il presente dobbiamo considerare il passato. I Celti erano insediati in buona parte dell’Europa e, in Italia, dalle Alpi fino al centro della Penisola. Questo dato culturale ha certamente facilitato il re-innesto postmoderno di una ritualità collettiva che delle sue origini pagane ripropone solo il contenuto oscuro, magico, privo di qualsiasi prospettiva salvifica. In Halloween non si ritrova più nemmeno il senso della rinascita stagionale: si tratta di un recupero artefatto che apre una finestra su un mondo tenebroso. Questo aspetto, che ci sollecita sul piano educativo, pastorale e culturale, è al centro del libro che con Padre Francesco Bamonte abbiamo dedicato a questo tema: Il fascino oscuro di Halloween. Domande e risposte (Edizioni Paoline, Milano, 2024, 128 pagine).

Non va dimenticato che la trasgressione da sempre esercita un fascino innegabile sui giovani. Come certi film horror che una volta i bambini guardavano di nascosto dai genitori e che oggi vengono proposti pressoché a tutte le ore sui canali televisivi o sulle piattaforme streaming. Se poi a questo aggiungiamo l’impatto totalizzante dei social sulla generazione Z, di quanti cioè sono nati, all’incirca, fra il 1997 e il 2012, il gioco è fatto: Halloween per settimane viene promossa sui social media e nelle community come Instagram e TikTok. In vista del 31 ottobre, sulle piattaforme social si condividono idee sui travestimenti o su come organizzare le feste a tema. Le feste in maschera o quelle nelle discoteche non solo stimolano l’immaginazione ma immergono i ragazzi in un’atmosfera spensierata, in pieno anno scolastico o accademico. Halloween è diventata una specie di anticipazione delle vacanze di fine anno…

In questo scenario Halloween e il suo giro d’affari spopolano, ma le nostre antiche tradizioni non sono meno “suggestive”. Nell’Italia contadina il periodo dal 31 ottobre all’11 novembre, festa di San Martino, era infatti il tempo di passaggio stagionale in cui si osservavano un insieme di ritualità collettive legate alla commemorazione dei defunti, al rinnovo dei contratti agrari e all’arrivo dell’inverno. Usanze remote ereditate dal passato latino, etrusco, celtico o delle antiche genti italiche, come da epoche più recenti. Ma inserite in una prospettiva rinnovata. E le antiche questue dei bambini o dei poveri, rievocanti il suffragio dei trapassati, non erano finalizzate a suscitare esclusivamente la paura o il macabro ma la comunione con chi non è più sulla terra.
Ancora oggi in Sardegna si pratica ad esempio la questua per il conforto delle “piccole anime”, ossia “is animeddas”, usanza nota nel Nuorese col nome “su mortu mortu”. I bambini, la mattina della commemorazione dei defunti come nei giorni precedenti, bussano alle porte delle case per chiedere dei doni in suffragio delle anime: caramelle o biscotti come i papassini. Nel Campidano i bambini bussano alle porte con questa richiesta: “si onada a is animas?” (ci dai per le anime?).
In antico anche nelle terre anglosassoni era presente l’uso di chiedere elemosine per le anime dei trapassati. Il 1° novembre i questuanti girando per i villaggi chiedevano il cosiddetto “dolce dell’anima”. In cambio assicuravano una preghiera per i defunti della famiglia, poiché il suffragio avrebbe accorciato la loro permanenza in Purgatorio. In provincia di Massa Carrara come nell’entroterra ligure si faceva il “bén d’i morti”, cioè la distribuzione di cibo ai bisognosi (oggi rinnovata con la collaborazione della Caritas). La carità agli indigenti veniva tradizionalmente praticata in quei giorni anche in Emilia (“carità d’i mort”) e in Calabria.
Nella civiltà agraria del nostro Paese, come in altre aree dell’Europa, sull’antico sostrato precristiano era dunque fiorito uno schietto sentimento religioso inserito in una nuova aspettativa di speranza e salvezza. E di ciò i ragazzi di un tempo – come le loro famiglie – erano consapevoli, nonostante la povertà e la bassa scolarizzazione. Oggi? Halloween si inserisce perfettamente in una distorta sacralizzazione tipica della postmodernità. Oltre alle forme della ritualità di massa, al di là della “festa per bambini”, si nota come attorno all’evento esista e si sviluppi una “narrazione” certamente consumistica e non meno fuorviante, che associa questa ricorrenza anche alla riscoperta di radici sepolte, di supposte origini rimosse, e persino alla riemersione di “esigenze” spirituali deviate che la fede cristiana ha corretto nei secoli. È, per dirla tutta, un’operazione davvero ben orchestrata su cui si inserisce il neopaganesimo e la neo-stregoneria Wicca con i loro risvolti più tenebrosi. Per non parlare del satanismo nelle sue varie declinazioni.

Cosa possiamo fare? Anzitutto, non nell’ottica di una contrapposizione, bensì attraverso una mediazione consapevole e intelligente, perché non valorizzare alcune delle usanze del nostro folklore regionale a livello scolastico, comunitario ed ecclesiale?
Anche da qui il condiviso desiderio di scrivere e offrire questo libro a famiglie, educatori e operatori pastorali.

[1] Giornalista e docente universitario. Portavoce ufficiale dell’Associazione Internazionale Esorcisti.