Associazione Internazionale Esorcisti

L’Italia nonostante la varietà del suo paesaggio, sorprendente mosaico di vicende storiche e artistiche, presenta un dato comune nella singolarità delle sue espressioni regionali: la devozione mariana, autentica espressione di fede delle genti della penisola.
Anche nei centri minori, con piacevole sorpresa del viaggiatore, in una chiesa parrocchiale o in un piccolo santuario, è consolante scoprire i segni della più schietta devozione alla Madre di Dio, le cui origini sono perlopiù legate a una apparizione o a una immagine dipinta venerata dalla popolazione locale.
In Veneto, nell’Alto Polesine, lungo le rive del Po, in un territorio noto anche come Transpadana Ferrarese in quanto parte del Ducato di Ferrara fino all’arrivo di Napoleone, un tempo Diocesi di Ferrara oggi di Adria-Rovigo, nel borgo di Melara si venera l’antica immagine della Madonna del Lume.
All’interno della chiesa arcipretale dedicata a san Materno, nel primo altare a destra dell’ingresso, campeggia una bellissima pala che qui giunse dopo un lunghissimo e avventuroso viaggio, donata dal missionario gesuita padre Blas Arriaga. La gente del luogo, nei secoli dedita all’agricoltura e alla pesca fluviale, da più di 250 anni custodisce con amore e rinnova di generazione in generazione la storia di questo dipinto, rimarcando in particolare il modo “miracoloso” in cui arrivò a Melara. L’immagine di Maria Santissima, circondata da ex-voto e da fiori, incarna non solo il sentimento di fede dei melaresi ma conferma il loro legame comunitario. Una lapide accanto all’altare riporta l’iscrizione dell’Indulgenza plenaria perpetua quotidiana concessa nel 1780 da Papa Pio VI.

Questa in estrema sintesi la storia del dipinto. Il Re di Spagna Carlo III nel 1767 aveva cacciato i gesuiti dai suoi possedimenti. Padre Arriaga, uno di questi missionari espulsi dal Messico, esiliati nello Stato Pontificio, fu destinato alla città di Ferrara con altri confratelli. I padri portarono con sé il prezioso dipinto della Madre Santissima del Lume, realizzato molti anni prima in Sicilia in seguito alle apparizioni a una religiosa avvenute a Palermo nel novembre 1722, e che aveva già una prima volta attraversato l’Oceano. La religiosa aveva descritto la visione in cui le apparve Maria con una schiera di serafini, rimanendo colpita dalla “straordinaria affabilità e grazia che effondeva il volto augusto della Vergine”. La monaca ebbe il cuore colmo di gioia nel vedere “la Gran Madre non sola, come altre volte, ma portante nel suo braccio sinistro il suo Divin Figlio in forma di Bambino allegro e sorridente”, e spiegò di avere domandato a Maria il perché di quella visione. La Madonna rispose di volere essere dipinta su una tela così come le stava apparendo e, dicendo questo, “si curvò per trattenere un’anima dal cadere nelle pene dell’inferno”. Un gesuita, padre Giovanni Antonio Genovesi, raccomandò perciò all’artista incaricato del quadro di rappresentare in evidenza i cuori dei peccatori nell’atto di essere presentati alla Vergine. Padre  Genovesi, che si prodigò per la gente di Messina durante la peste, consacrò la sua missione in Messico alla Vergine Santa e partì per il Nuovo Mondo con il dipinto.
Dopo la cacciata della Compagnia di Gesù, l’opera – come già detto – fece ritorno in Europa e, diretta a Ferrara, risalì il corso del Po su una barca. Una leggenda raccolta da Savino Chiavegatti, ricercatore locale, riporta che i gesuiti, ormai anziani, temendo di non essere in grado di custodire la preziosa immagine decisero di donarla alla chiesa del primo borgo incontrato sulle rive del grande fiume. Ma ogni volta che affidavano il quadro a una comunità, lo ritrovavano inspiegabilmente sulla barca. Si diffuse presto la voce e il popolo accorreva sugli argini per accogliere la Madonna nelle loro chiese, sperando che vi rimanesse. Così avvenne anche a Melara, dove la popolazione accolse festante il quadro, accompagnandolo all’antica chiesa con una solenne processione. Nonostante i timori, la Madonna rimase a Melara e ancora oggi ne è materno e celeste presidio.
L’immagine, venerata anche in Sicilia, nelle Americhe e in Asia, vuole significare che la Madre Celeste non abbandona mai quanti ne invocano la vicinanza e la intercessione nella strada che conduce verso Suo Figlio, il Signore Gesù, la Luce del mondo. Da qui la singolare intitolazione: “Maria Madre Santissima dell’Eterno Lume”, dal latino “lumen”, luce, splendore.
Infatti, la scena è dominata dalla figura centrale della Madonna col Bambino, circondata da angeli. Maria Santissima irradia luce su quanto sta attorno, fugando ogni nube e con essa ogni turbamento suscitato dalle tenebre, concentrate nell’angolo in basso a sinistra dove si scorge la testa di un essere mostruoso con le fauci spalancate e i denti aguzzi a rappresentare il demonio pronto a divorare le anime. La Madre Celeste con mano ferma e materna trattiene un peccatore dallo sprofondare in quel recesso infernale dove è relegata tenebra dissolta dalla luce vittoriosa di Cristo. Il Divin Figlio ripone allo stesso tempo il cuore del peccatore salvato in una cesta sorretta da un angelo.