La libertà angelica

Per poter più chiaramente capire quanto andremo a esporre in seguito, è necessario precisare che cosa implichi, nel quadro della creazione, la libertà angelica e umana.

Non si può attribuire a Dio l’ingresso del male nel mondo: da lui non può mai venire il male, né egli può essere considerato “causa” del male.

Leggiamo, infatti, nel libro del Siracide:

«Non dire: “Mi son ribellato per colpa del Signore”, perché ciò che egli detesta, non devi farlo. Non dire: “Egli mi ha sviato”, perché egli non ha bisogno di un peccatore. Il Signore odia ogni abominio, esso non è voluto da chi teme Dio. Egli da principio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere. Se vuoi, osserverai i comandamenti; l’essere fedele dipenderà dal tuo buon volere. Egli ti ha posto davanti il fuoco e l’acqua; là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore, egli è onnipotente e vede tutto. I suoi occhi su coloro che lo temono, egli conosce ogni azione degli uomini. Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare» (Sir 15, 11-20).

Perciò l’origine del male va fatta risalire piuttosto alla libertà, sia degli angeli, sia degli uomini, libertà che è esposta alla possibilità del fallimento, ossia è esposta alla possibilità non di un uso giusto e santo, ma di un riprovevole abuso che provoca il male a sé stessi e agli altri.

Per impedire il male, Dio avrebbe dovuto creare degli esseri privi di libertà e di intelligenza: ma, in questo modo, avrebbe negato loro la capacità di compiere il bene con consapevolezza e, soprattutto, di amarLo “alla pari”, ossia con un amore di elezione.

Se consideriamo la nostra esperienza umana, dobbiamo riconoscere che ogni autentico legame affettivo non può fondarsi sulla costrizione: l’amore è vero se proviene da una libera scelta. Dio, che è amore, per ottenere l’amore delle sue creature si espone addirittura al rischio del loro insensato rifiuto.

Dal momento che Dio, per un mistero insondabile della sua libertà, ha scelto di dare l’esistenza a delle creature fatte a propria immagine e somiglianza affinché esse, conoscendolo e amandolo, partecipassero della sua stessa vita, questo amore di Dio o lo si accoglie liberamente o non lo si accoglie. La disponibilità all’amore unisce le creature angeliche e umane a Dio, portandole a raggiungere la felicità eterna: ma questa accoglienza, questa apertura all’amore di Dio è sempre un movimento interiore libero e volontario della creatura. Dio non può imporci l’amore per Lui, perché nel momento in cui lo imponesse, non potrebbe più essere amore. Ecco perché ha dovuto crearci liberi: per darci la possibilità di aprirci al suo Amore e così poter partecipare della sua natura divina e conseguire la beatitudine eterna. Se avesse creato gli angeli e gli uomini senza libertà, sarebbero stati incapaci di amare e quindi incapaci di conseguire il fine stesso della loro esistenza, che è l’amore perfetto, nella felicità eterna della visione beatifica di Dio-Trinità.

Per i motivi sopra esposti, Dio non poteva costringerci a un uso corretto e santo della libertà, escludendo la possibilità che ce ne servissimo per la nostra rovina. Il disordine consiste nella drammatica scelta dell’angelo o dell’uomo di impugnare la propria libertà per opporsi a lui, rifiutando il suo amore [1]. È questo atteggiamento che orienta l’angelo e l’uomo verso la perdizione eterna. Senza libertà, dunque, non ci si può salvare: o ci si salva liberamente o ci si perde liberamente. Ecco perché Dio, pur volendo per tutte le sue creature la beatitudine eterna, ha dovuto rendere possibile anche la perdizione eterna. Egli non predestina, però, nessuno all’Inferno: è la creatura stessa che sceglie, liberamente, uno stato di perdizione.

Chi è Lucifero?

Con il nome di Lucifero, i Padri della Chiesa indicano la condizione di Satana precedente alla sua irrimediabile caduta. Egli era l’angelo più luminoso creato da Dio, che infatuatosi di sé stesso ha preteso di essere come Dio, ma contro Dio, passando di conseguenza dalla grazia e dall’amicizia con Dio allo stato di dannazione, con la perdita di tutto il suo affascinante splendore. Fu chiamato Lucifero perché la versione latina della Sacra Scrittura, la Vulgata, sin dall’inizio ha tradotto l’espressione ebraica hêlēl di Isaia 14,12, che vuol dire splendente, con lucifer, termine latino che vuol dire portatore di luce. Il pianeta Venere la sera, dopo il tramonto del sole, era chiamato dai greci hésperos, dai latini hésperus o vesper, mentre per lo splendore che assume al mattino prima dell’alba, era chiamato dai greci heosfóros e dai latini lucifer. I Padri della Chiesa hanno fatto questa analogia: come nel cielo di mattina poco prima del levar del sole vediamo splendere più di qualsiasi stella il pianeta Venere, allo stesso modo fra gli angeli di Dio ve ne era uno che prima della sua caduta splendeva in bellezza più di ogni altro. Fu a seguito di quest’analogia che vari Padri della Chiesa applicarono il termine Lucifer a quello che era il più luminoso degli angeli, poi ribellatosi a Dio. Tale appellativo gli venne attribuito nella tradizione cristiana come il suo nome proprio, anche se tale denominazione non si riscontra espressamente nella Sacra Scrittura. Lucifer (in italiano Lucifero), più che un vero e proprio nome del diavolo, è quindi una immagine quanto mai espressiva per indicare quello che all’inizio era il più stupendo angelo creato da Dio, divenuto successivamente il capo degli spiriti angelici ribelli a Dio. Numerosi teologi e Padri della Chiesa (Origene, Tertulliano, Cipriano, Ambrogio, Cirillo Alessandrino, ecc.) adoperarono il termine Lucifer, che di per sé esprime una condizione felice, per indicare Satana, che nel Nuovo Testamento è presentato come capo dei demoni, i quali lo aiutano nella sua azione perniciosa in mezzo agli uomini. Il nome Lucifer, così, venne ad avere un senso malefico.

Dopo la sua libera e inconvertibile scelta contro Dio, Lucifero ebbe una immediata metamorfosi, perse totalmente il suo “splendore” tramutandosi nell’essere mostruoso e ripugnante per eccellenza, che manifesta in sé il massimo dell’orrore al quale sia mai giunta la creatura che si è distaccata dal Creatore. Lui, che era stato il più luminoso fra tutti gli angeli e che per tale splendore vari Padri della Chiesa – nella condizione precedente alla sua caduta – gli attribuirono l’appellativo latino “Lucifer”, che vuol dire “portatore di luce”, divenne l’angelo delle tenebre per eccellenza, che la Sacra Scrittura indica con vari nomi: «Satana, diavolo, maligno, serpente antico, dragone, ecc.». Anche gli angeli che lo seguirono nella sua opposizione radicale a Dio, costituendo con lui il “mondo demoniaco”, ebbero la stessa metamorfosi. La Sacra Scrittura infatti denomina anche gli angeli che lo seguirono con vari appellativi, quali ad esempio: «spiriti cattivi, spiriti maligni, demoni, diavoli, ecc.». Creati buoni da Dio, Lucifero e gli angeli che lo seguirono si sono trasformati in malvagi, perché – con libera e inconvertibile scelta – hanno rifiutato Dio e il suo Regno [2].

Il rifiuto del progetto divino dell’Incarnazione

L’uomo fu creato con infinito amore da Dio-Trinità [3] a sua immagine e somiglianza, cioè secondo l’immagine del Figlio che l’Eterno Padre aveva nella sua mente, quando, venuta la pienezza dei tempi, lo avrebbe inviato nel mondo per farsi uomo e redimere l’umanità. L’uomo dunque è «figura di Colui che doveva venire» (Rom 5,14): il «Cristo Gesù». Per tale motivo fin dall’eternità fu presente nella mente di Dio, prima di ogni altra creatura, anche la figura di Colei in cui l’Incarnazione del Figlio si sarebbe attuata: «Maria Immacolata». «La predestinazione eterna del Verbo fu anche la predestinazione della beata Vergine Maria ad essere la Madre di Dio» [4].

La natura umana di Cristo e di Maria è il vertice dell’opera della creazione. Anche se cronologicamente Cristo e Maria sono comparsi nel mondo molti secoli dopo la creazione di tutte le cose, la Santissima Trinità aveva in mente fin dall’eternità questo capolavoro insuperabile, rispetto a qualsiasi altra opera da Lui creata: «una Donna immacolata che fosse Madre del Figlio, dandogli l’umana carne dal suo grembo per opera dello Spirito Santo». In questa prospettiva la Vergine Maria può essere definita “primogenita” del Padre, perché nei suoi decreti divini Egli la predestinò insieme al Figlio Gesù Cristo, prima di tutte le creature [5]. Cristo e Maria sono stati pensati, voluti e amati dall’Eterno Padre, dal suo Verbo e dallo Spirito Santo, prima dell’esistenza di tutto il creato e tutte le cose sono subordinate e dicono necessariamente ordine ad essi. Tutto l’universo materiale e spirituale fu creato intimamente unito all’uomo, di cui Cristo e Maria sono il vertice, e solo per mezzo dell’uomo tutte le cose possono raggiungere il fine per il quale sono state create. La creazione degli angeli da parte di Dio fu dunque legata alla sua decisione di unirsi all’uomo mediante l’Incarnazione: di entrare cioè nel mondo della materia, dello spazio e del tempo. Pertanto la creazione degli angeli fu orientata, fin dall’inizio, verso la mirabile sintesi della creazione materiale e spirituale, che è l’uomo, il cui massimo rappresentante è il Verbo di Dio, che prende carne per mezzo di Maria e si fa uomo. La creazione dell’uomo – e in particolare la natura umana del Verbo – dà consistenza e significato a tutto l’universo, compresi gli angeli. La natura umana, è stata creata in vista dell’Incarnazione. Tutte le cose sono state create per mezzo del Verbo e in vista del Verbo e tutte le cose del mondo materiale e spirituale hanno il culmine nell’uomo. È chiaro che, in questo progetto di Dio, la Vergine Maria, benché costituita, come ogni creatura umana, di spirito e di materia (cioè anima e corpo), viene elevata al di sopra degli angeli, che sono spiriti puri, cioè senza materia.

Lucifero, per la sua natura angelica – più simile a quella di Dio, purissimo spirito – sfrenatamente compiaciuto della propria perfezione, pretendeva che spettasse a lui la preminenza su tutta la creazione, che Dio ha invece conferito a Cristo Gesù e alla Vergine Maria. Questo atteggiamento implicava di conseguenza una decisa contestazione sia all’Incarnazione del Verbo di Dio – che avrebbe assunto la natura umana, inferiore a quella angelica – sia alla presenza e alla maternità di quella Donna, dalla quale, incarnandosi, il Figlio di Dio sarebbe nato nel tempo diventando al contempo anche suo Figlio. Ella, posta dopo l’Assunzione alla destra del Figlio, come Regina degli uomini e degli angeli, sarebbe stata infatti elevata non solo al di sopra delle creature umane, ma anche di quelle angeliche. Il rifiuto di Lucifero nei confronti di Maria, fu logica conseguenza del rifiuto della Incarnazione. Nel momento in cui la Santissima Trinità creò gli angeli sapeva già che Lucifero e alcuni di essi avrebbero usato del dono della libertà per rifiutare il suo progetto d’amore su tutta la creazione: si sarebbero levati contro di Lui, loro Creatore, operando per la distruzione della sua creazione, che era tutta buona, e avrebbero introdotto in essa il male, la sofferenza, e la morte spirituale e fisica. Per questo, sin dagli inizi della creazione, Dio-Trinità stabilì che l’Incarnazione del Verbo sarebbe stata, anche redentiva, al fine di salvare le creature umane che gli sarebbero rimaste fedeli. Mentre creava, quindi, Dio-Trinità pensava al Figlio suo fatto uomo – cioè Cristo Gesù – come Redentore, e la Madre sua, cooperatrice con il Figlio Redentore.

Lucifero, anzitutto, peccò non per suggestione esterna, ma per aver trovato in sé stesso l’occasione di peccare. E questo avvenne quando volle uguagliarsi a Dio. È necessario, però, intendere bene questo punto, in conformità con ciò che Dio vuole farci comprendere per mezzo del Profeta Isaia:

«Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo» (Is 14, 13-14).

«… mi farò uguale all’Altissimo». Lucifero non poteva desiderare qualcosa di impossibile. Se ci si conosce come esseri creati da Dio, si conosce anche l’impossibilità di diventare uguali al Creatore, e lui sapeva perfettamente di essere stato creato da Dio e che gli era impossibile diventare uguale all’Altissimo suo Creatore, come sapeva bene che tutto il bene dell’angelo e di qualsiasi altra creatura sta nel sottostare a Dio, così come tutto il chiarore dell’aria dipende dal fatto che sottostà ai raggi del sole.

Il suo desiderio di diventare uguale all’Altissimo non può, quindi, essere inteso in contrasto con quanto si è sopra affermato, perché sarebbe stato desiderare qualcosa di assurdo e contro il bene della propria natura.

L’uguaglianza che Lucifero desiderò di avere con Dio va intesa dunque sotto un altro aspetto. E va notato che sotto questo aspetto egli l’avrebbe potuta conseguire. Chiariamo questo punto.

Leggiamo nel libro dei Salmi:

«Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni. Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere» (Sal 103, 27-29).

Ciò che all’intelletto angelico appariva evidente – in misura maggiore di come più tardi lo sarà all’intelletto di Adamo – è che da una parte Dio ha per natura la beatitudine e la bontà e che, dall’altra, ogni beatitudine e ogni bontà vengono trasfuse nella creatura da Dio.

Lucifero, vedendo che la dignità e la potenza della sua natura angelica superava quella di tutte le altre creature, desiderò e volle che la loro bontà e la loro felicità derivassero da lui stesso per mezzo delle doti che Dio gli aveva elargito da principio e che in lui erano connaturali, cosicché le altre creature fossero felici e ricevessero in seguito ogni bene da Dio attraverso di lui. In questo senso Lucifero volle essere uguale a Dio.

Da notare due cose: la prima, che tutto ciò egli lo desiderò avere da Dio e volendo stare sotto Dio; la seconda, che siccome questo desiderio lo indusse all’azione, altri angeli presero visione del desiderio di Lucifero e diedero ad esso il loro consenso.

Ma Dio rivelò a tutti gli angeli che il suo disegno era un altro. Egli chiamava le creature dotate di intelletto e di libera volontà non solo alla pienezza della felicità naturale, alla quale, in dipendenza da Dio, avrebbe potuto condurli Lucifero, ma alla beatitudine soprannaturale e a godere di beni soprannaturali, e questo per mezzo della natura umana assunta dal Verbo di Dio.

«Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, … sarebbe diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro sarebbe stato il nome che avrebbe ereditato. Infatti a quale degli angeli Dio aveva detto: Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli pari ai venti, e i suoi ministri come fiamma di fuoco, del Figlio invece afferma: Il tuo trono, Dio, sta in eterno e: Scettro giusto è lo scettro del tuo regno. Perciò riguardo a questo primogenito Dio disse: Lo adorino tutti gli angeli di Dio» (cfr. Eb 1, passim).

Fu a questo punto che avvenne ciò che San Giovanni ci descrive:

«Nel cielo apparve allora un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. … Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli» (cfr. Ap 12, 1-9)

Lucifero, diventato diavolo, commise dunque un peccato di superbia e di disobbedienza, al quale ha fatto seguito l’invidia contro il Cristo, associata alla collera e all’odio contro di lui e contro il genere umano, e tanti altri peccati ancora. Il rifiuto di Lucifero, consequenzialmente, non si manifestò solo nei confronti dell’Incarnazione del Figlio di Dio, ma anche nei confronti della Vergine Maria, per mezzo della quale l’Incarnazione si sarebbe realizzata. Ella avrebbe superato nei doni di grazia e di gloria tutte le creature angeliche ed umane.

Lucifero già furibondo, perché bramava per sé stesso il privilegio di essere capo di tutta la stirpe umana e di tutti gli ordini angelici, si levò in superbia e in vanità anche maggiore e indignato rifiutò di riconoscere Maria quale Regina e Signora di tutte le creature in quanto non poteva sopportare che tale ruolo fosse assegnato da Dio a una creatura umana e quindi di natura inferiore a quella angelica.

Gli angeli buoni, obbedendo invece a questo progetto di Dio, accrebbero la loro umiltà, per cui non solo accolsero Maria quale loro Regina, ma lodarono anche l’onnipotenza e i progetti dell’Altissimo.

Nostro Signore Gesù Cristo è entrato nella gloria del Paradiso con la nostra natura umana. In tal modo la nostra natura umana, in lui, è salita, è stata elevata a una dignità superiore a quella delle creature angeliche e mentre gli angeli santi di Dio hanno umilmente accettato questa elevazione della nostra natura umana al di sopra della loro natura angelica, altri angeli, montati in superbia, non hanno accettato tale progetto.

Lucifero in pratica non accettò la propria condizione di creatura e, proponendosi come dio al posto di Dio, persuase una moltitudine di angeli a seguirlo [6]. Diventati insubordinati al Creatore, persero anch’essi immediatamente la vita e la bellezza che derivava loro da Dio e diventarono, come Lucifero, degli esseri mostruosi. Quello di Lucifero e degli angeli che lo seguirono fu dunque un peccato di ribellione (insubordinazione a Dio), ma anche di orgoglio, che conduce all’alienazione di sé [7].

L’inganno di Satana

Per molti teologi anche le parole che Lucifero diventato Satana rivolse a Eva: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gen 3,5), rivelano che l’essenza del peccato degli angeli è stata la superbia. Satana, infatti, inganna i nostri progenitori con la menzogna, insinuando che, se avessero disubbidito a Dio e negato la loro dipendenza dal loro Creatore, sarebbero stati come Dio. In realtà l’obiettivo di Satana era quello di sottrarre gli uomini al vero Dio, per condurli sotto il suo potere. Nel piano di Dio i primi uomini erano già a immagine e somiglianza di Dio, ma erano chiamati con tutti gli uomini a divenire ancora più simili a Lui (cfr. 1Gv 3,1-4). Quindi «sareste come Dio» non è una proposta del tutto falsa perché gli uomini sono chiamati da Dio a raggiungere questa similitudine, ma il diavolo ha giocato e gioca su questa verità, per proporre una via ingannevole che in realtà non porta al raggiungimento della somiglianza con Dio.

Una conferma nelle parole del Magnificat?

Vari autori cristiani ritengono che vi sia una ulteriore conferma, a sostegno del peccato di superbia da parte del capo degli angeli ribelli, nelle parole del Magnificat: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,51-52). La Vergine Maria si riferirebbe qui non solo alla superbia dell’uomo, ma innanzitutto alla superbia del diavolo. Nella Omelia II sull’Annunciazione, composta tra il VI e il VII secolo e attribuita a Gregorio taumaturgo, vescovo di Cesarea nel Ponto, commentando le parole «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore» l’autore dice: «Cioè ha disperso lo stesso diavolo e tutti i demoni che militano con lui. Egli (il diavolo) infatti era sicuramente superbo nel suo cuore dal momento che osò dire: “Salirò sulle regioni superiori delle nubi, al di sopra delle stelle di Dio, mi farò uguale all’Altissimo” (Is 14,14). Come poi di fatto Dio lo ha disperso, il profeta lo dichiarò in seguito, quando affermò: “E invece sei stato precipitato nell’inferno” (Is 14,15), e così pure tutti i tuoi eserciti».

Irremissibilità del peccato degli angeli

Gli angeli sono esseri puramente spirituali, cioè non costituiti come noi uomini di materia e spirito, ma di solo spirito, non sono pertanto condizionati, né limitati dalla mediazione della conoscenza attraverso i sensi, come invece avviene in noi e perciò sono consapevoli della grandezza dell’Essere infinito di Dio. La scelta fatta da Lucifero e dagli altri angeli ribelli, fu pertanto totale, definitiva e irreversibile.

Il loro peccato è quindi irremissibile, non perché Dio non offre loro la sua misericordia, ma perché non vogliono e non possono chiedere perdono. Essi vogliono fermamente quello che hanno scelto: un rifiuto netto, cosciente e irrevocabile dell’amore e della misericordia di Dio.

Si comprende allora il motivo per cui tra i sette sacramenti, quello più odiato dai demoni è il sacramento della Confessione, perché quando riconosciamo con umiltà e sincerità i nostri peccati e li confessiamo, facciamo quello che essi nella loro smisurata superbia non vogliono fare e mai faranno: umiliarsi davanti a Dio, riconoscere che Dio è il Creatore e il Signore e noi siamo sue creature. Noi invece riconoscendo che Dio è il nostro Creatore e che in Gesù Redentore, ci offre il suo infinito amore e la sua infinita misericordia, confessiamo umilmente i nostri peccati e chiedendo perdono, gli manifestiamo al contempo il proposito sincero di non volerci arrendere ai nostri peccati, e di volerli combattere per non farli più, ecco allora che troveremo sempre Gesù misericordioso con le sue braccia spalancate per accoglierci nel suo cuore, perdonarci e darci forza per la nostra battaglia contro il male.

I demoni tentano di associare gli uomini alla loro stessa ribellione a Dio

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCCC) al n. 74 insegna: «Tutta l’opera dei demoni in mezzo agli uomini è tentare di associarli alla loro ribellione contro Dio». In che modo essi cercano di associare noi uomini alla loro stessa ribellione contro Dio? Cercando di persuaderci a stravolgere il criterio del bene e del male che Dio ci ha dettato. Dio solo conosce perfettamente ciò che è vero e buono per noi e in forza del suo stesso amore ce lo propone nei Comandamenti. Scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor: «La legge di Dio, non attenua, né tanto meno elimina la libertà dell’uomo, al contrario la garantisce e la promuove» (n. 35). Satana, invece, quando disse alla prima coppia umana: «Sarete come Dio, se farete quello che io vi dico» insinuò e continua ancora a oggi a insinuare all’uomo, la menzogna che sarà felice e realizzato se seguirà un percorso diverso da quello da Dio indicato. Partendo dalla verità del fine per cui Dio ha creato l’uomo e cioè «raggiungere la similitudine con Lui per partecipazione alla sua natura divina, in Cristo, e per mezzo di Cristo», Satana con perfidia e inganno presenta all’uomo il raggiungimento di tale similitudine non per la via della grazia e dell’amore gratuito di Dio in Cristo, ma attraverso innumerevoli e ingannevoli vie che in realtà suscitano ribellione e opposizione a Dio perché accendono nell’uomo il desiderio di voler diventare come Dio, ma senza Dio, giungendo così al punto di considerarsi illusoriamente egli stesso Dio al posto di Dio. E così l’uomo assolutizza se stesso, perché giunge a credere falsamente, di potersi sostituire all’assoluto divino.

Poter essere come Dio, ma senza Dio, è la grande menzogna con cui Satana tenta gli uomini di ogni tempo, con lo scopo, in realtà, di staccarli da Dio per portarli all’eterna rovina. Non potendo combattere direttamente Dio, Satana vuole vendicarsi su di lui sottraendogli noi suoi figli, affinché anche noi perdiamo per sempre ciò che lui e gli altri angeli ribelli hanno perso per sempre.

Ribadiamo che gli angeli ribelli sanno che – differentemente da loro, che per la propria natura angelica, attraverso un solo atto decisero di se stessi in maniera irreversibile – gli uomini non stabiliscono con un sola scelta la loro destinazione ultima, perché la natura umana ha bisogno di molti atti per giungere ad essere a favore o contro Dio per sempre.

Satana, quindi, durante tutto il corso della vita terrena degli uomini sa che deve sforzarsi di tentare noi uomini per orientare le nostre scelte in direzione opposta al nostro vero bene, pertanto come operò nel mondo angelico affinché gli angeli non accettassero con riconoscenza Dio, loro Creatore, come Capo e Signore, e si propose ad essi in alternativa a Lui, così ora egli cerca di proporsi agli uomini, attraverso l’inganno del peccato, come loro capo e signore. Tutto il suo agire tra gli uomini è finalizzato a impedire che la natura umana si unisca alla natura divina, impedire che l’uomo si unisca a Dio o se è già unito, che si separi da Lui. Inoltre ritiene che maggiore sia il numero delle persone che riesce a portare al peccato e a perseverare in esso, più possa estendersi il suo dominio nel mondo intero.

Si tenga presente che per tentarci egli si serve di due potenti alleati, che usa come due armi:

  1. La nostra natura umana che in conseguenza del peccato originale fu inclinata verso il male;
  2. Il mondo, inteso nel senso morale, cioè l’influenza perniciosa che proviene dagli uomini che vivono nel peccato e lo diffondono nella società.

Dio è venuto in nostro aiuto mandando il suo Figlio Gesù Cristo nel mondo per redimerci dal peccato e liberarci dal potere di Satana.

La lotta contro il male è per l’uomo occasione di crescita spirituale

Per quanto nel mondo seguiteranno sino alla fine dei tempi a manifestarsi le conseguenze del peccato originale, grazie però alla Redenzione operata da Gesù, gli uomini hanno la possibilità di giungere alla salvezza eterna in Paradiso, pertanto, anche se Satana e i demoni rimangono sempre attivi nel mondo, non possono nuocere alla nostra anima se noi non acconsentiamo volontariamente al peccato che essi ci suggeriscono.

Per quanto la loro opera di seduzione e di persecuzione sia piena d’insidie, quando ci tentano noi possiamo vincerli con la grazia che Cristo ci ha meritati con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione che otteniamo attraverso la nostra comunione con Lui per mezzo della preghiera, dei sacramenti e della nostra personale adesione ai suoi insegnamenti attraverso i quali, ci vengono donati gli stessi sentimenti del suo Cuore. Tale grazia, nella misura in cui è da noi accolta, ci rende partecipe della stessa vittoria di Cristo su Satana che così diventa anche la nostra vittoria. Questo è anche il motivo per cui Dio lascia che gli spiriti demoniaci siano ancora attivi nel mondo: Dio permette la loro azione nei nostri confronti perché attraverso la nostra resistenza ci dà l’occasione di attualizzare nella nostra vita la vittoria del Figlio e di progredire spiritualmente con atti di virtù. Abbiamo così l’occasione per purificarci e crescere in una comunione sempre più stretta con Dio, avanzando nel cammino di santità. Resistendo alle tentazioni, noi ne traiamo, quindi, un beneficio spirituale perché con la grazia di Cristo, resistendo e respingendole, anziché essere motivo di caduta nel peccato, diventano occasioni di rafforzamento nella virtù e di progresso spirituale.

In tal modo i demoni divengono loro malgrado servi del Signore, o piuttosto suoi schiavi: «È per fare più grandi i nostri meriti, più pure e più alte le nostre virtù, più rapido il nostro cammino verso di Lui, che Dio permette al diavolo di tentarci e di metterci alla prova» (cfr. San Tommaso D’Aquino, Commento alla lettera agli Ebrei, 12, 6). «Se vi domandano perché Dio abbia lasciato sussistere il demonio (dopo la sua ribellione), rispondete: Dio l’ha lasciato perché, lungi dal nuocere agli uomini attenti e vigilanti, il demonio divenga loro utile. Non certo per il fatto della sua volontà, che è perversa, ma grazie alla coraggiosa resistenza di coloro che fanno volgere la sua malizia a loro vantaggio» (San Giovanni Crisostomo, Terza omelia sui demoni). La nostra reazione, contro l’azione del demonio, diventa un mezzo di progresso spirituale.

Insegnava Paolo VI in una sua catechesi: «Quale difesa, quale rimedio opporre all’azione del demonio? …Tutto ciò che ci difende dal peccato ci ripara per ciò stesso dall’invisibile nemico. La grazia è la difesa decisiva. L’innocenza assume un aspetto di fortezza. E poi ciascuno ricorda quanto la pedagogia apostolica abbia simboleggiato nell’armatura d’un soldato le virtù che possono rendere invulnerabile il cristiano (cfr. Rom. 13, 1-2; Ef. 6, 11, 14, 17; 1 Ts. 5; 8). Il cristiano dev’essere militante; dev’essere vigilante e forte (1 Pt. 5, 8); e deve talvolta ricorrere a qualche esercizio ascetico speciale per allontanare certe incursioni diaboliche; Gesù lo insegna indicando il rimedio «nella preghiera e nel digiuno» (Mc. 9, 29). E l’Apostolo suggerisce la linea maestra da tenere: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci nel bene il male» (Rom. 12, 21; Mt. 13, 29) (Paolo VI Udienza Generale 15 novembre 1972).

Questa inevitabile lotta è quindi da interpretarsi come una realtà estremamente positiva. Proprio questo conflitto è il luogo della nostra purificazione e della nostra crescita spirituale, in tal modo impariamo a conoscere noi stessi nella nostra debolezza e Dio nella sua infinita misericordia. È, in definitiva, il modo scelto da Dio per la nostra trasfigurazione e la nostra glorificazione. Ma la lotta spirituale del cristiano, pur essendo talvolta dura, non è mai la guerra disperata di chi si batte in solitudine, alla cieca, senza nessuna certezza circa l’esito dello scontro. È la lotta di chi combatte con assoluta certezza che la vittoria è assicurata, perché il Signore è risorto: «Non piangere più; ecco, ha vinto il Leone della tribù di Giuda» (Ap 5, 1). Così, non combattiamo da soli con le nostre forze, ma con il Signore che ci dice: «ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9) e la nostra arma principale non è la naturale fermezza del carattere o l’abilità umana, ma la fede, questa totale adesione a Cristo che ci permette anche nei momenti peggiori, di abbandonarci con fiducia cieca a Colui che non ci abbandonerà. «Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Fil 4, 13). Ed ancora: «Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?» (Sal 26,1). Il cristiano dunque lotta con energia, chiamato com’è a resistere «fino al sangue nella lotta contro il peccato» (Eb 12,4). Lo fa però con cuore tranquillo e la lotta è tanto più efficace quanto più il suo cuore dimora nella pace. Perché è proprio questa pace interiore che gli permette di lottare non con le proprie forze – che verrebbero meno – ma con quelle di Dio. È unicamente la grazia di Dio che ci darà la vittoria e la sua azione sarà tanto più potente e rapida, se sapremo mantenere l’anima nostra in pace ed abbandonarci con fiducia nelle mani del Padre.

 


 

[1] Il peccato per sé si configura come amore disordinato alle creature, che sono amate senza Dio, come Dio o contro Dio.

[2] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 391-393.

[3] Per una catechesi sulla «Santissima Trinità», leggi il Catechismo della Chiesa Cattolica dal n. 232-267 e dal n. 290-292.

[4] Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 61.

[5] Per predestinazione non si intende qualcosa di già stabilito, indipendentemente dalla decisione della libera volontà dell’uomo. Si può dire, piuttosto, che Dio conosce già l’operato dei suoi figli i quali, però, sono sempre liberi di decidere in piena libertà. Dio, cioè, predestina ad essere conformi a suo Figlio Gesù coloro che scelgono Lui come Padre: «Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm 8,28-29). Si tratta sempre di una libera scelta. Maria, quindi, pur essendo predestinata ad essere la Madre del Figlio di Dio fatto uomo, vi ha aderito liberamente. Anche il Figlio di Dio, pur predestinato ad incarnarsi per mezzo di Maria, ha scelto liberamente di realizzare questo progetto d’amore del Padre, affinché gli uomini fossero conformi alla sua immagine. Nella lettera agli Ebrei, Cristo dice: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10, 7).

[6] Cfr. Ap 12, 7-9.

[7] «Alienato è un essere che non considera più se stesso secondo la verità del proprio essere. Non si accetta così com’è, e non accetta neanche la propria situazione di relazionalità con gli altri. Non accetta più il suo posto nella creazione di Dio, nella graduatoria cosmica dell’universo. Gli angeli pervertiti, volendo essere creatori di se stessi e di tutti gli altri, rifiutano la propria creaturalità.
Ecco il disordine della loro alienazione: non accettando più di essere se stessi, e volendo diventare come Dio, non accettano l’Onnipotente, come loro Creatore e Signore, e dunque neanche tutto ciò che Dio ha creato. Odiano tutto infinitamente, in particolar modo gli uomini che portano in se stessi l’immagine del Creatore, immagine che in ogni modo essi vogliono distruggere. Sono in una situazione di perenne conflittualità, che parte dalla rabbia per se stessi, si riversa in odio contro Dio, ed in odio e desiderio di morte per tutte le altre creature. Tutto hanno in odio e percepiscono come proprio nemico. L’istinto che li anima è quello della distruzione e dell’annientamento di tutto, di Dio e degli altri esseri. Questa loro terribile condizione è nata proprio dal peccato di orgoglio» [Don Renzo Lavatori, Presentazione del libro: “Antologia diabolica”, Sala Barbo, interno del chiostro della basilica di San Paolo fuori le mura, Roma, 24 maggio 2008].