A fronte del crescente fenomeno di promozione in Italia e all’estero della stregoneria, proposta in ambito sociale e accademico persino come espressione di emancipazione di genere e riscatto culturale, pubblichiamo la testimonianza sul tema di una religiosa colombiana. Per ragioni di riservatezza abbiamo deciso di mantenere l’anonimato dell’autrice.
 
Vorrei con molta semplicità e umiltà condividere la mia esperienza.

Il dono della vita mi è stato dato da Dio in Colombia e oggi sono una consacrata nella Vita Religiosa. Come è ben risaputo, in tante zone del bellissimo continente sudamericano si pratica largamente la stregoneria, la magia, la Santeria, lo spiritismo e molte altre pratiche esoteriche come il Palo Mayombe, il culto della Santa Muerte o Niῆa Blanca e quello della Corte Malandra.

Sono nata in una famiglia dove si esercitava abitualmente la stregoneria.

Mio padre doveva sposare quella che poi in seguito è diventata la mia nonna materna. Giunto all’età della leva militare dovette però partire e quando rientrò, qualche anno dopo, trovò che si era sposata. Egli fortemente irritato se ne andò via di casa e rientrò circa 15 anni dopo.

La mia nonna materna ha avuto quattro mariti e quasi sempre, ogni volta che cambiava marito, cambiava anche il cognome. Dal primo matrimonio ebbe due figlie e la seconda di esse divenne mia madre. Uno dei quattro mariti della mia nonna materna abusò sessualmente di mia mamma quand’era bambina. Mio padre quando rientrò in casa dopo i 15 anni di assenza si sposò con lei.

La mia nonna materna era una stregona e si recò in Venezuela ad apprendere la stregoneria nella cosiddetta “Scuola di Maria Lionza”. A Maria Lionza era stata dedicata una montagna dove si trovava la più importante scuola di stregoneria del Venezuela, nello stato di Yaracuy.  Questa montagna era anche chiamata “Montagna della suerte”, cioè della fortuna, sulla quale venivano fatti tantissimi rituali di stregoneria.

La nonna non tornò più in Colombia e si trasferì in Venezuela dove, oltre a praticare la stregoneria, aprì anche un’azienda di mattoni. Aveva portato con sé in Venezuela anche sua madre.

Mia mamma mi raccontò che, quand’era bambina, vide davanti ai suoi occhi che mia nonna uccise la mia bisnonna, offrendola in sacrificio allo spirito di Maria Lionza. Nessuno mai seppe di quell’orrendo omicidio perché mia nonna materna fece credere alla gente che si fosse trattato di morte naturale.

Una delle caratteristiche delle opere di stregoneria di mia nonna era quella di profanare le Ostie consacrate durante i suoi riti. Per avere le Ostie consacrate mandava dei bambini in chiesa per partecipare alla Santa Messa. Insegnò loro a fingere di assumere l’Eucarestia, dopo averla ricevuta dal Sacerdote, e a nasconderla, per poi portarla da lei che li ricompensava con denaro. Lei stessa, spesso, si recava in chiesa e fingeva di assumere l’Eucarestia.

Un giorno, però, la cosa divenne risaputa e non poté più continuare a far rubare dai bambini l’Eucarestia, né continuare a rubarla lei, perché i sacerdoti ne furono informati. Molti fedeli cattolici, saputo questo fatto, furono assai indignati con mia nonna.

La mia nonna materna risiedeva abitualmente in Venezuela, però, quando mia mamma si sposò, veniva a visitarci in Colombia, finché un giorno dovette fuggire poiché cercavano di ucciderla. Essendo infatti molto cattiva e gestendo in maniera disonesta la sua azienda di mattoni, si era fatta molti nemici.

Quando tornò in Colombia definitivamente io avevo cinque anni. Comprò una casa situata dietro alla nostra, intorno alla quale vi era un grande terreno, fatto cementare per metà. La parte non cementata era usata per sotterrare molti dei malefici che realizzava.

In una stanza della casa, dietro delle tende di colore viola, pose cinque altari con cinque grandi busti di statue portate dal Venezuela: quello di Maria Lionza, dell’indio Guaicaipuro, dell’indio Felipe, del dottor José Gregorio Hernandez e quello della Mano Poderosa sulla quale vi erano raffigurati vari simboli. Sugli altari collocò delle candele, ognuna con differente colore, perché ogni corte aveva il proprio colore.  Vi era però una candela sulla quale erano riportati i colori delle principali corti per indicare la loro unione. C’erano anche delle coppe con rum e altri liquori oltre ai sigari di tabacco che venivano depositati come offerte. Sull’altare venivano depositati anche i malefici prima di essere seppelliti o consegnati.

Sull’altare, inoltre, vi era sempre un Crocifisso che però veniva posto di spalle o capovolto, e che sempre mi ha impressionato perché mi dispiaceva vederlo così. Più di una volta ho cercato di girarlo, ma venivo subito rimproverata, e alla mia domanda sul perché il Crocifisso dovesse essere messo in quel modo, la nonna sempre mi diceva solo di tacere ribadendo che quella doveva essere la sua posizione. Questo è quel poco che ricordo di quell’altare.

Le corti dello spiritismo venezuelano sono 21, con a capo quelle che sono considerate le tre grandi “potenze” dello spiritismo: Reina Maria Lionza, considerata a capo di tutte le Corti spiritiche e affiancata da Negro Felipe e  Guaicaipuro.


Queste tre “potenze spiritiche”, più la corte africana, sono quelle più utilizzate dalla stregoneria.
In questa immagine, apparentemente sacra e cattolica, vengono rappresentati gli spiriti della santeriaafricana sotto forma di santi cattolici.

Anche questo era un quadro presente nell’altare della casa di mia nonna.

Ecco un’altra rappresentazione – in apparenza cattolica – perché sono rappresentate Sant’Anna, la Vergine Maria, il Bambino Gesù, San Giuseppe, San Gioacchino. Quella al centro, che alla gente viene descritta come la mano di Cristo, in realtà rappresenta la mano del demonio.  Si noti che i tre agnelli a destra e a sinistra bevono il sangue. L’agnello seduto rappresenterebbe Cristo sotto il peso della croce, ma in realtà il sangue – come si vede – non sgorga da Lui ma dalla mano del demonio.

Davanti a questa immagine vengono pronunciate delle formule che provengono dallo spiritismo afroamericano e che hanno come scopo ottenere abbondanza di beni e protezione da ogni pericolo, compresi i riti magici contrari.

Quella che si vede di seguito è la candela che rappresenta la “Mano Poderosa” anch’essa presente sull’altare di mia nonna e che lei utilizzava nei diversi rituali di stregoneria.

Un altro busto posto su quell’altare era quello del dottor José Gregorio Hernandez. Era un medico molto buono con tutti e particolarmente caritatevole con i poveri. È stato beatificato il 30 aprile 2021 dal nunzio apostolico Mons. Aldo Giordano. Tra le 21 Corti della stregoneria colombiana vi è anche una “Corte medica” che si è appropriata indebitamente della figura del dottor José Gregorio Hernandez perché lo ha messo arbitrariamente a capo di tale “Corte”.

Per ottenere guarigioni e interventi, sia a livello fisico che spirituale, gli spiriti di questa “Corte” vengono invocati dalle operatrici e dagli operatori di stregoneria tramite sedute spiritiche e con dei rituali, nel corso dei quali vengono usate candele sia di colore bianco che verde (precedentemente “consacrate” agli spiriti).  L’operatrice o l’operatore di stregoneria chiede alla persona ammalata di portarle una bottiglia d’acqua, una di alcool, cotone, garze, la statua o l’immagine dello stesso dottore, lenzuola bianche, fiori (alcuni chiedono anche tabacco). Questi oggetti verranno sottoposti a rituali nel corso dei quali essi li consacreranno agli spiriti e poi verranno riconsegnati alla persona ammalata con le seguenti istruzioni: preparare nella propria casa un altare in onore del dottor José Gregorio Hernandez sul quale depositare questi oggetti, eccetto le lenzuola che, invece, egli dovrà porre nel letto nel quale dormirà quella notte: la notte dell’“intervento”.  L’acqua e l’alcool dovrà depositarli sull’altare in un bicchiere.

La mattina seguente, la persona che nella notte sarà stata “operata” dal dottor Gregorio, dovrà bere l’acqua che era posta nel bicchiere sull’altare.

La gente bisognosa pensa che durante la notte sia intervenuto veramente il dottore, esistito storicamente, che per permissione di Dio opera miracoli. In realtà sono intervenuti gli spiriti della “Corte” che operano pseudo guarigioni, chiedendo però all’operatrice o all’operatore di stregoneria di dare loro in cambio l’anima del “paziente”, senza che ne sappia nulla. Più precisamente l’operatrice o l’operatore di stregoneria offrono e consacrano agli spiriti non solo gli oggetti che avevano chiesto di portare, ma anche la persona che si è rivolta a loro. E ciò a insaputa della persona stessa. Le persone veramente guariscono, ma non sanno cosa le attende perché sono intervenuti spiriti che in realtà sono demoni, i quali hanno fatto vere e proprie operazioni chirurgiche. Ma i demoni non tolgono mai un male se non per prepararne uno diverso e peggiore.

Un’immagine del beato José Gregorio Hernández Cisneros

Quando di notte mia nonna svolgeva i suoi rituali di stregoneria, sul terreno disegnava il pentagramma, una stella a cinque punte racchiusa in un cerchio. A ogni punta della stella poneva una candela: vi erano quindi cinque candele. Durante i rituali fumava sigari di tabacco, bruciava delle erbe, sacrificava galline, capre, gatti, si serviva di ossa di morti trafugate dai cimiteri, profanava la Santissima Eucarestia, operava malefici e mi faceva violentare sessualmente da un mio cugino maggiorenne. In alcuni rituali, ai quali partecipavamo più bambini, ci costringevano a fare delle orge.

Lei era sempre vestita di bianco e portava un cingolo alla vita.  Nel rituale veniva coinvolto sempre anche un mio fratello della mia stessa età (c’era fra di noi una differenza di pochi mesi) che era stato adottato dai miei genitori. Spesso entrava in trance e i suoi occhi diventavano bianchi, si contorceva in maniera straziante e in quel momento mia nonna – che dirigeva il rituale – diceva che la sua anima aveva lasciato il posto a quella degli spiriti.  Più di una volta mio fratello è stato scottato dalla nonna con i sigari di tabacco che schiacciava sul suo corpo o veniva bruciato dall’ammoniaca pura che gli lanciava sul volto.  Risuonano ancora oggi nella mia testa le urla orrende di mio fratello quando mia nonna gli gettava in faccia l’ammoniaca perché lo spirito non voleva uscire dal suo corpo, oppure perché lo spirito non obbediva al comando di rispondere alle domande rivolte dai partecipanti al rito.

Veniva offerto agli spiriti anche del rum o aguardiente, una bevanda alcolica ad altissima gradazione simile ad una grappa, fatta con canna da zucchero. La nonna diceva che queste bevande alcoliche erano particolarmente gradite agli spiriti.  I partecipanti lo mettevano in bocca senza però ingerirlo, poi un attimo dopo lo sputavano sul corpo della persona che era in trance, perché così intendevano offrirlo allo spirito o agli spiriti che si manifestavano nella persona.  In maniera analoga ciò veniva fatto con il sigaro. I partecipanti fumavano il sigaro e poi il fumo veniva alitato sulla persona in trance, intendendo in tal modo offrire quel fumo in onore degli spiriti che si manifestavano attraverso di lui.

La nonna ben presto cominciò a dirmi che alla sua morte io dovevo continuare il suo lavoro perché sarei stata l’erede dei suoi poteri.

Mi coinvolse quasi subito nei suoi rituali di stregoneria durante i quali mi faceva indossare una tunica bianca e poi – come ho già accennato – mi faceva violentare sessualmente davanti a tutti, da un mio cugino maggiorenne implicato nei suoi riti. Altre volte mi introduceva lei stessa nella vagina degli oggetti o addirittura il suo dito, e poi faceva baciare quell’oggetto o il suo dito dicendo che quell’oggetto o il suo dito si erano caricati di energia.  Oggi soffro nel mio apparato genitale e anale le conseguenze di quelle violenze terribili che hanno provocato danni talmente gravi che i medici mi dicono essere irreparabili.

Durante i rituali la nonna profanava anche il Santissimo Sacramento introducendolo prima nella mia vagina e poi distribuendola ai partecipanti al rito. Mia nonna mi chiese spesso di procurarle le Ostie consacrate, così come facevano i bambini che aveva “istruito”, ma io non ho mai voluto accettare questa sua richiesta.

La cosa per me più dolorosa era che mia mamma, pur non partecipando a quei riti, ne era a conoscenza e sapeva anche le tremende violenze che subivo, ma non faceva nulla per sottrarmi ad esse. Se non volevo partecipare a quei riti, mi picchiava costringendomi a prenderne parte.

Mia mamma era assai brutale con me. Talvolta giungeva lei stessa a violentarmi sessualmente con carote o oggetti tubolari. Inoltre, non cucinava mai e dava a me e a mio fratello lo stesso cibo che preparava per il cane. A causa di tutto ciò dall’età di sei anni facevo grande fatica a rivolgerle la parola.

Mio padre invece era quasi sempre ubriaco e non seppe mai nulla né si accorse delle violenze che subivo. Tuttavia, temeva moltissimo mia nonna, al punto che anche lui si istruì sulla stregoneria per proteggersi dai rituali malvagi che, sospettava, lei operasse contro di lui. Egli fece un patto con il demonio chiedendogli protezione, salute e offrendogli in cambio la propria anima.

In casa nostra, mio padre allestì due altari. Ad uno non potevamo avvicinarci, ma, curiosando di nascosto, vidi che su di esso era posta la “Mano Poderosa”, un disegno dell’“Anima sola” e un’immagine del dottor José Gregorio Hernandez. Vi erano anche delle candele e una di esse era sempre dedicata all’ “Anima sola” davanti alla quale mio padre poneva anche un bicchiere d’acqua che ogni lunedì consacrava con delle formule. Poi spargeva l’acqua che era nel bicchiere in tutta la casa e su tutti coloro che l’abitavano. Infine, riempiva il bicchiere nuovamente e rinnovava il rituale di consacrazione dell’acqua.

In un altro altare collocato al buio, in un luogo privo di ogni fonte di luce, anche quella naturale, aveva invece posto un contenitore di vetro con alcune ossa: quelle dei suoi genitori e dei miei fratellini morti e che lui usava per i suoi rituali. Avevo un fratellino morto all’età di due anni e una sorellina morta a tre anni circa. Avevo anche tre sorelle maggiori, nate prima del fratellino e della sorellina morti, con le quali però non sono mai vissuta perché quando sono nata erano già andate via per formare le loro nuove famiglie. Avevo poi – come già detto – un fratello che era stato adottato dai miei genitori e che aveva la mia stessa età (si diceva che era un figlio di mio padre concepito a seguito di una relazione con un’altra donna).

Mio padre non mi ha fatto – almeno che io sappia – nessuna iniziazione, ma mi ha sempre parlato del demonio come un amico che, se io avessi rispettato e voluto bene, non mi avrebbe mai fatto nulla di male. Per questo motivo litigavamo sempre perché non ero d’accordo. Ogni notte, dopo la mezzanotte mio padre usciva di casa per andare a incontrarsi con il demonio in un terreno vicino casa nostra dicendo: «Vado a incontrare il mio buon amico». Abbiamo saputo da lui che gli compariva talvolta sotto forma di uomo, altre volte di cane completamente nero. Io stessa, a volte, svegliandomi di notte, l’ho visto accanto al mio letto. Era grosso e aveva gli occhi rossi. Lo hanno visto più volte anche mia mamma, mio fratello adottivo e alcuni cugini.

Riguardo invece la cosiddetta “Anima Sola”, secondo una storia inventata, si chiamava Celestina Abdegano, una pia donna che aveva il compito di dare l’acqua ai condannati a morte a Gerusalemme. Questa donna abbeverò i due ladroni condannati sul Golgota, ma si rifiutò di dare da bere a Gesù per timore dei romani, e per questo motivo dopo la sua morte sarebbe stata condannata alle pene più crudeli dell’inferno dove, nell’assoluta solitudine, sarebbe avvolta dalle tenebre più fitte, bruciando tra fiamme che non emanano luce. Nei dipinti viene raffigurata con le catene ai polsi e tra le fiamme. I cultori di magia, sia bianca che nera, e quindi anche i cultori del demonio sudamericani, le dedicano un altare in casa e davanti alla sua immagine pongono un bicchiere d’acqua e un cero acceso. L’acqua rappresenta la propria offerta per darle “sollievo” nelle sue sofferenze e la fiamma del cero che deve sempre ardere (per cui prima che si spenga, il cero deve essere cambiato) rappresenta la luce che dovrebbe illuminarla tra le fitte tenebre in cui si trova. Chi la onora placando la sua sete e illuminandola nel suo buio, otterrà da lei molti favori. Il lunedì le viene cambiata l’acqua e prima di versare nuova acqua nel bicchiere, quella che le era stata offerta nella settimana precedente sarà aspersa nella casa e sulle persone, invocando la sua protezione. I consacrati a Satana praticano questo culto per “inviare” l’“Anima sola” a tormentare le persone alle quali sono diretti i loro malefici. Talvolta accade che in alcune case dove è stata “inviata”, durante la notte, si sentano rumori di catene e pianti, con grande spavento di chi vi abita. Se questi fenomeni si verificano realmente, è evidente che non è l’“Anima sola” a provocarli, ma il demonio ispiratore e fomentatore della menzogna circa l’esistenza dell’“Anima sola”.
A lei vengono dedicati dei rituali nel corso dei quali le viene domandato anche di far rimanere sola una persona nella vita e di soffrire come lei le pene dell’inferno, oppure le viene chiesto il ritorno della persona amata. Se il rituale funziona, suscita un’agitazione tale sulla vittima che questa non trova pace finché non torna a vivere con la persona che ha fatto fare il rituale dell’“Anima sola”.

L’ “Anima sola”

Tornando a mia nonna, in molti rituali usava la “terra di morto” o la “terra di cimitero”. La “terra di morto” è quella che si produce all’interno della bara durante la decomposizione del cadavere. È di consistenza pastosa e grassa, e viene utilizzata in magia nera per far ammalare e uccidere le persone. Per “terra di cimitero”, s’intende, invece, la terra che si trova intorno alla bara e che viene usata per annientare i nemici e le persone che si vogliono portare alla rovina. Queste due terre devono essere prelevate da defunti che siano stati molto malvagi in vita o che si siano suicidati.  Il rituale magico eseguito ha come finalità quello di scagliare contro la persona quella che la stregoneria crede essere l’anima dannata, al fine di far ricadere la sua stessa carica di odio, di cattiveria e di morte sulla persona ancora in vita. Si tratta in pratica di provocare disturbi sulle persone servendosi di anime presumibilmente dannate; quindi, non di possessioni da parte di anime dannate, ma disturbi che – secondo la stregoneria – dovrebbero portare le persone alla rovina oppure alla morte.  Per questo motivo gli stregoni affermano che durante le riesumazioni dei cadaveri non bisogna toccare nulla, né bare né oggetti. È possibile procurarsi sia la “terra di morto” che quella di cimitero, così come le ossa dei morti, anche nelle fosse comuni ed utilizzarle per realizzare pratiche di stregoneria. Ciò è possibile anche corrompendo i custodi dei cimiteri stessi. Per questo motivo auspico che ci siano maggiori controlli al momento delle esumazioni di defunti e nella custodia delle fosse comuni.

La partecipazione ai rituali di stregoneria di mia nonna produsse in me il graduale sviluppo di “poteri” fuori dal normale. La nonna aveva detto a coloro che abitualmente partecipavano ai rituali che io sarei stata la sua erede per cui ero considerata da tutti la prescelta, l’“eletta”, colei che alla morte della nonna avrebbe dovuto continuare la sua opera. Imparai gradualmente, come se fosse un fatto del tutto normale, l’uso del “pendolino” per porre domande agli spiriti. Talvolta, se non avevo il “pendolino”, mi bastava usare un filo rosso con un ago. Imparai ad usare la tavola ouija per evocare quelli che mi dicevano essere dei defunti. Quando non c’era la tavola ouija usavo un pezzo di carta e un bicchiere per porre delle domande. In altri casi usavo un quaderno con spirale e delle forbici. Con il passare del tempo non ebbi più bisogno di usare il “pendolino” o la tavola ouija per evocare quelli che credevo essere defunti, perché mi bastava concentrarmi e porre le domande dento di me e le risposte arrivavano.

Imparai a fare malefici per legare un uomo a una donna; imparai il rito che in spagnolo si chiama cruzar e che consiste nel consacrare agli spiriti i bambini nel ventre delle donne in gravidanza. Mi portavano le donne incinta sulle quali facevo dei riti che avrebbero dovuto “proteggere” il bambino e la mamma. Dicevo delle formule particolari camminando sulla donna che era distesa a terra. Facevo dei segni di croce a rovescio senza che loro se ne accorgessero, accendevo anche delle candele. Con questo gesto le donne in gravidanza, implicitamente, senza saperlo, offrivano agli spiriti il loro bambino nel grembo. Esse, infatti, erano convinte di ottenere protezione per se stesse e per il bambino durante il parto, e non si rendevano conto che era una vera consacrazione agli spiriti.

Più passava il tempo e mia nonna mi introduceva alla stregoneria, più però provavo dentro di me un profondo disagio. I miei genitori non mi avevano fatto battezzare, ma un sincero sentimento d’amore stava crescendo nel mio cuore nei confronti di Gesù insieme al desiderio di diventare cristiana e di entrare a far parte della Chiesa.

Nella mia classe ero poi l’unica bambina a non aver ricevuto il Battesimo, e anche questo, spesso, diventava per me motivo di disagio, perché mi sentivo diversa dagli altri alunni. Cominciai a desiderare di ricevere il Battesimo, ma senza manifestarlo né ai miei genitori né a mia nonna perché ero certa che non sarebbero stati d’accordo.

Un giorno – avevo 6 anni – seppi di un grande raduno organizzato da un sacerdote in una Parrocchia, un po’ distante dalla mia. In quell’occasione sarebbero state battezzate tante persone, bambini e adulti. Infatti, le celebrazioni collettive di Battesimi, amministrati dai sacerdoti missionari ad adulti e a bambini, quarant’anni fa erano molto usuali in Colombia proprio perché il Sud America era considerata “terra di missione”.

All’insaputa dei miei genitori e di mia nonna, riuscii a convincere il cugino di mio padre e sua moglie ad accompagnarmi a quel raduno, dove chiunque non fosse battezzato (sia i bambini portati dai genitori, sia gli adulti), poteva ricevere questo sacramento, senza alcuna preparazione previa e senza nemmeno che il parroco lo conoscesse.

Al momento del Battesimo, che si svolse in una cattedrale, mi confusi con tutti gli altri battezzandi e ricevetti anch’io, con grande gioia, il sacramento. Mio cugino e la moglie mi fecero da padrino e madrina.

Al termine della celebrazione tutti i battezzati vennero censiti nel registro dei Battesimi.

Dopo il Battesimo, cominciai a frequentare spontaneamente la Santa Messa festiva nella mia Parrocchia, ma vi andavo da sola, perché i miei genitori non vi partecipavano. Dopo un anno circa volli iniziare il cammino di preparazione alla Prima Confessione e alla Prima Comunione, che ho ricevuto all’età di 9 anni. I miei genitori non parteciparono alla Messa in cui ricevetti la Prima Comunione e mia mamma non permise che io fossi festeggiata da alcuno. Nonostante ciò, da quel momento cominciai a sentire nel mio cuore un amore sempre più grande e appassionato per Gesù; e, sebbene continuassi a essere costretta a partecipare ai rituali di stregoneria della nonna e nelle pratiche magiche, lo pregavo di aiutarmi a liberarmi dal mio coinvolgimento in esse. Mi sentivo, al contempo, attratta dalle attività parrocchiali e, all’età di 10 anni, mi resi disponibile per aiutare al dispensario farmaceutico e alimentare della Parrocchia. Entrai anche a far parte del coro parrocchiale.

Il senso di disagio crescente, che sentivo nei confronti dei riti di stregoneria della nonna e delle pratiche magiche, giunse a un punto tale che, all’età di 11 anni, rinunciai definitivamente ad esse. La causa di questa rinuncia fu un brutto litigio con mia madre che aveva chiesto ad un altro stregone un rituale di magia nera per far uccidere mia nonna, ed io avrei dovuto partecipare a questo rituale. Non ne volli sapere di dare la mia collaborazione a questo rituale, rifiutandomi risolutamente. Nel mio cuore entrò in abbondanza la pace e la serenità, che scaturiscono dal sentirsi accolti, amati e perdonati da Dio. Contemporaneamente, però, in seguito al mio rifiuto di prestarmi ancora alle pratiche magiche e ai riti di stregoneria, si scatenò una fortissima reazione da parte dei miei familiari, che si manifestò in un continuo tentativo di farmi desistere dalla scelta fatta: mio padre mi parlava sempre del demonio come di un “buon amico”, al quale si doveva obbedire; lui, in cambio, mi avrebbe fatto dono di tante cose, compresa la salute. Dovevo solo consegnargli continuamente la mia anima e servirlo fedelmente. Mi rifiutai decisamente, anche di partecipare alle pratiche di stregoneria della nonna e, alle persecuzioni familiari, si aggiunse quasi subito una guerra aperta e tremenda nei miei confronti da parte del demonio, che di notte cominciò ad assalirmi con vessazioni fisiche: cercava di soffocarmi, mi bloccava nel letto con un improvviso peso tremendo sul petto che mi schiacciava sempre più; oppure mi appariva sotto forme mostruose, o – come accennato – mi appariva come un grosso cane nero. Una volta, invece, mi apparve sotto forma di gatto e mi graffiò il collo. Spesso il demonio mi diceva: “Sei mia e non ti lascerò mai”. Altre volte provocava forti rumori in casa che sentivano tutti. In un’occasione ha cominciato a scuotere il mio letto violentemente al punto che per il frastuono si sono svegliati i miei genitori e mio fratello adottivo, spaventati. Io reagivo sempre con la preghiera e, dopo una lotta estenuante, finalmente il demonio desisteva. La preghiera che spesso proferivo in quei momenti era il Credo.

Potrei raccontare tante altre cose che mi rendevano e mi rendono attualmente la vita assai difficile, ma dovrei dilungarmi ancora molto.

È importante, però, sapere che nel frattempo ero diventata catechista dei piccoli e nel mio cuore cominciò a manifestarsi il desiderio di donarmi totalmente a Gesù nella Vita consacrata, in un Istituto religioso. Tale desiderio si realizzò all’età di 17 anni, quando entrai nell’Aspirandato di un Istituto religioso. Per la mia famiglia fu una vergogna, un disonore, un’onta che ancora oggi desiderano farmi pagare, operando – come mi hanno riferito alcuni parenti – continui rituali di maledizione contro di me.

Durante l’esperienza di Aspirandato, mi fu diagnosticato un adenoma ipofisario, una forma di tumore cerebrale. Nel frattempo, fui trasferita in Italia dove mi sottoposi alle cure necessarie, alle quali però il mio corpo non reagiva. Quando tornai in Colombia per la visita che dovevo fare ai miei familiari, parlai alla Provinciale di questa mia malattia incurabile e di alcuni problemi che avevo con la mia famiglia e la Provinciale mi portò da un esorcista. Il sacerdote mi ricevette per alcune volte facendomi ad ogni incontro un esorcismo, e la malattia scomparve. Ancora oggi non ci sono più tracce di essa. I miei familiari continuarono a farmi guerra e a cercare di mettermi in cattiva luce agli occhi dei miei Superiori.

Quattro anni dopo il mio ritorno in Italia, la mia Madre generale di quel tempo mi obbligò a tornare in famiglia per trascorrere un mese di ferie, nonostante io mi rifiutassi e fossi disperata e impaurita nel tornare in un ambiente nel quale avevo subìto e dovuto sopportare tanto male. Non furono ascoltate dalla Madre generale né le mie richieste né le mie suppliche, e neanche i pareri dello psicologo che mi seguiva oltre che del mio padre spirituale. Arrivata a casa mi venne a trovare mio nipote, il quale mi confessò di volersi uccidere perché obbligato a dover svolgere pratiche di stregoneria. Per aiutarlo chiesi un appuntamento con un esorcista e chiesi a una mia consorella di accompagnarci.

I giorni precedenti all’appuntamento, però, mi ammalai con forti dolori allo stomaco e non potevo più né bere né mangiare. Scoprii che i miei familiari avevano nascosto terra di morto nel cibo. Era un maleficio che aveva lo scopo di farmi morire, offrendomi in sacrificio agli spiriti.

Il giorno dell’appuntamento, la mia consorella, non vedendomi arrivare, fu coraggiosa, perché, insospettita, venne a casa mia e – quando mi vide in quello stato – chiamò un taxi e mi portò dall’esorcista che avrebbe dovuto aiutare mio nipote. L’esorcista fece preghiere di liberazione, l’esorcismo e mi diede i sacramentali del sale, olio e acqua esorcizzati.

Tornai a casa e la mia famiglia aveva preparato della cioccolata che decisi di mangiare nonostante a me non piaccia, e in quell’occasione approfittai per dire loro che con i loro malefici non erano riusciti ad uccidermi. Quindi decisi di scappare da casa e percorsi un lungo tragitto di otto ore con un pullman, ma, arrivata a destinazione, mi informarono che stavano per arrivare i miei familiari che avevano deciso di uccidermi rinnovando nuovi e più potenti malefici nel cibo e nelle bevande. Scappai nuovamente, facendo perdere le mie tracce.

Qualche mese dopo, a seguito di molte sofferenze fisiche, morì mio padre. Seppi da un nipote che gli avevano fatto un maleficio per la morte e lo avevano offerto in sacrificio agli spiriti al mio posto. La mia Madre generale, informata di tutti questi avvenimenti inquietanti, si impaurì grandemente. Ebbe timore che tutto ciò potesse portare delle conseguenze anche alla comunità religiosa che risiedeva proprio nel mio paese di residenza e mi allontanò dall’Istituto religioso.

Qualche anno dopo fui accolta dall’Istituto religioso in cui vivo tutt’ora, nel quale mi trovo bene e, soprattutto, dove non sono più obbligata a tornare dalla mia famiglia. Ancora oggi, però, la mia famiglia mi perseguita, inviando in Italia persone sconosciute per rintracciarmi.

Come ho già detto, la mia decisione di consacrarmi a Gesù in un Istituto religioso fu considerata dalla mia famiglia un sacrilegio. Per questo motivo i miei familiari mi offrono continuamente a Satana nei loro riti, chiedendogli tutto il male possibile nei miei confronti.

Nel frattempo, mi sono consacrata definitivamente a Cristo nel nuovo Istituto religioso, con la professione perpetua dei voti religiosi. Attualmente offro a Lui l’esperienza di continui malesseri fisici – che i medici non sanno diagnosticare – e di visite notturne del maligno, che prosegue a tormentarmi con le sue vessazioni. La preghiera e gli esorcismi della Chiesa mi sono però di grande aiuto in questa lotta.

Un particolare che vorrei che i sacerdoti tenessero ben presente era che mia nonna partecipava alla Santa Messa ogni giorno, seduta nel primo banco, e faceva anche la Comunione Eucaristica, ma non si confessava mai. Quando litigavo con lei – e capitava spesso – perché non volevo continuare ad essere a lei sottomessa per svolgere i suoi rituali, gli rinfacciavo di andare in chiesa, di partecipare alla Messa, di fare la Comunione ma continuava sempre a comportarsi male. Lei mi rispondeva che quello era l’unico modo per impedire che il demonio prendesse totalmente possesso di lei, almeno così mi diceva. In realtà, prendendo la Comunione in peccato mortale non faceva altro che rafforzare la sua unione con il demonio invece che con Gesù.

Un’altra esperienza che voglio raccontare per invitarvi alla riflessione è che non si può affrontare direttamente il demonio senza essere debitamente preparati. Quando in Colombia la gente iniziò ad accorgersi del male e dei rituali che praticava mia nonna in casa, andò a parlare con il parroco, il quale, munito di secchiello di acqua benedetta e aspersorio, arrivò in casa della nonna ed iniziò a benedirla perché voleva eliminare tutto il male da lei fatto. Mia nonna con un sorriso perfido lo lasciò fare, ma ad un certo momento gli chiese come stessero i suoi genitori e gli fece tanti saluti. Al ritorno in canonica, il parroco venne a sapere che il padre era scomparso. Fu ritrovato morto dopo tre giorni nello stesso luogo nel quale era stato cercato diverse volte. Il corpo risultava gonfio e segnato con il pentagramma satanico.

Affido alla Madonna queste righe, che spero possano servire al bene di tante anime, nel desiderio che questo bene possa in qualche modo traboccare anche per la salvezza dei miei familiari, ai quali ho sempre perdonato e di cuore perdono. Con questa intenzione concludo con l’antica preghiera per mezzo della quale i primi cristiani chiedevano l’intervento della Madre celeste:

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio, non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta.


Copertina: Riti del culto a Maria Lionza in Venezuela