di Don Renzo Lavatori

Il deserto è luogo prediletto da Satana e in esso soprattutto egli tenta il monaco.

Il deserto, infatti, secondo la tradizione eremitica, viene considerato non tanto un luogo privilegiato in cui Dio parla più direttamente al cuore degli uomini, quanto un campo di battaglia o uno stadio in cui l’eremita come un milite o un atleta si misura spiritualmente (e anche fisicamente) con il demonio. Il deserto è regno di Satana e nessun uomo di Dio può farvi ingresso. Esso fu perciò interdetto dal Maligno anche a sant’Antonio abate o “il Grande”, nato nel III secolo da contadini cristiani del basso Egitto e fattosi eremita. Satana non voleva perdere l’egemonia su questo luogo, per esercitarvi incontrastato il suo potere. Dopo l’avvento del cristianesimo, infatti, il “principe di questo mondo” dovette ritirarsi nel deserto perché le città erano ormai popolate dai cristiani. Ma i monaci desideravano condurvi una vita di preghiera e il diavolo li combatteva per non venir cacciato anche da là. Antonio sarà nel deserto il fondatore del monachesimo cristiano.
Il monachesimo del sec. IV fu anche una reazione al pericolo di secolarizzazione della Chiesa dopo l’editto di Costantino nel 313. I credenti, ormai liberi di professare la fede in Cristo, si potevano adeguare alle esigenze del mondo e della società, provocando una decadenza dell’impegno evangelico e un impoverimento dei valori affermati dalla tradizione cristiana antica. Da qui l’esigenza di vivere in modo più conforme al vangelo, per il conseguimento della perfezione. Questa aspirazione culminò nel “monachesimo”, come espressione concreta di impegno con la fuga dal mondo e con la concentrazione nell’ascesi e nella preghiera. Il monachesimo compare in Egitto alla fine del sec. III. I suoi primi esponenti sono anacoreti, ma avrà il suo sviluppo e la sua massima attuazione nel sec. IV, soprattutto grazie a due grandi figure: Antonio e Pacomio. Essi fornirono di persona il modello della vita monastica a tutte le Chiese, fissandone due tipologie: il monachesimo appartato o eremitico e il monachesimo comunitario o cenobitico.
Dalle vite di questi monaci emerge la descrizione della lotta che essi dovettero affrontare contro Satana; perciò, raccontando le loro vicende vengono proposti suggerimenti e consigli a tutti coloro che intendono intraprendere la medesima strada. Una lotta che ha avuto un ruolo centrale nella spiritualità monastica sviluppatasi nei secoli successivi. Non si tratta soltanto di un racconto di esperienze o di fatti particolari che colpiscono la nostra fantasia. C’è piuttosto il desiderio di evidenziare, attraverso esperienze concrete, l’importanza ascetica del combattimento spirituale. Inoltre, si manifesta in questi racconti una vera e propria demonologia, che avrà grandissimo influsso in tutta la riflessione cristiana posteriore.
L’esperienza più nota dello scontro con Satana si ha nel racconto che fa Atanasio esponendo alcuni episodi avvenuti nella vita di Antonio.
La Vita di Antonio, scritta da Atanasio nel 357, un anno dopo la morte del protagonista, trovò grande diffusione anche in occidente. Il testo a cui ci riferiamo è Vita di Antonio. Apoftegmi e lettere, a cura di L. Cremaschi (Città Nuova, Roma 1964).  Per ogni passo citato indicheremo il numero del capitolo da cui è stato tratto.

Sant’Antonio il Grande nell’icona di Michele Damaskinos (sec. XVI).

La potenza del segno della Croce 

I conoscenti che venivano a trovarlo, giacché egli non permetteva loro di entrare, spesso rimanevano fuori molti giorni e molte notti. Udivano dentro come una moltitudine di persone che tumultuava e che gettava delle urla lamentose dicendo: “Allontanati dal nostro luogo. Che cosa hai a che fare tu col deserto? Non è possibile sopportare le nostre insidie”. Sentendo questo e ignorando quanto accadeva, dapprima pensarono che ci fossero degli uomini che litigavano con lui, e che con delle scale erano in grado di scendere là. Quando però, guardando attraverso un foro, non videro nessuno, allora pensarono che fossero demoni. Pieni di paura, gridarono chiamando Antonio.
Senza curarsi dei demoni, udite le grida, egli si avvicinò alla porta, pregò quegli uomini di venire da lui, poi ordinò loro di andarsene e di non temere. Così – diceva – si comportavano i demoni con i timorosi. “Voi fatevi fiduciosi il segno della croce, andate e lasciate che costoro si prendano gioco di se stessi”. Essi se ne andarono, cinti dal segno della croce come da un muro. Egli invece rimase, senza essere offeso dai demoni, e senza neppure stancarsi nel suo combattimento (dal cap 13).

La grotta di Antonio nel deserto egiziano

L’impotenza dei demoni di fronte a Cristo

All’arrivo del Signore, il nemico cadde e le sue facoltà s’indebolirono. Ecco perché – quantunque i tiranni che crollano non abbiano più alcun potere – dopo essere caduto il demonio non sta fermo, e seguita a minacciare, anche se soltanto a parole. Ognuno di voi si ricordi dunque di questo, e potrà disprezzare i demoni.
Poiché non possono fare nulla, si limitano a minacciare. Se potessero fare qualcosa, non indugerebbero, ma subito farebbero del male, e specialmente contro di noi. A questo la loro volontà è ben disposta, perché ecco, noi ci siamo radunati a parlare contro di loro, ed essi sanno bene che s’indeboliscono quando noi progrediamo. Se potessero fare qualcosa, non permetterebbero di vivere a nessuno di noi cristiani. È scritto infatti: “Il servizio di Dio è abominazione per l’empio” (Sir 1,26). Giacché sono impotenti e non possono compiere le loro minacce, tanto più aspramente si percuotono. Bisogna ricordarsi anche di questo per non temerli: se fosse loro possibile fare quello che vogliono, non verrebbero in molti, né produrrebbero immagini, né apparirebbero agli uomini trasfigurandosi, ma basterebbe che uno solo venisse e facesse ciò che può e vuol fare, soprattutto perché chi può non cerca di uccidere con le immagini né impaurisce con una moltitudine, ma subito usa la sua forza come vuole. Ma i demoni, non potendo far nulla, giocano mutando aspetto come sul palcoscenico: spaventano i bambini con immagini di folle in tumulto e con trasfigurazioni. Per questo vanno disprezzati, in quanto privi di forza. Il vero angelo inviato dal Signore agli Assiri non ebbe bisogno di moltitudini né d’immagini, non di suoni non di strepiti, ma in silenzio usò la sua forza ed uccise subito centottantacinquemila uomini (2Re 19,35). I demoni, poiché non hanno forza alcuna, cercano di spaventare almeno con le immagini (dal cap. 28).

Sassetta, Sant’Antonio bastonato dai diavoli, Siena, Pinacoteca Nazionale

Gli esorcismi del Santo eremita

Mentre dunque Antonio si ritirò e per molto tempo non volle uscire né ricevere nessuno, accadde che Martino, capo dei soldati, lo molestava. Sua figlia era tormentata dal demonio. Dopo che Martino rimase per molto tempo battendo alla porta, e gli chiese di venire e di pregare il Signore per sua figlia, Antonio non volle aprire, ma osservando dall’alto disse: “O uomo, perché gridi verso di me? Io sono un uomo come tu sei. Ma se credi nel Cristo al quale io servo, va’ e prega Dio così come credi, e ti sarà concesso”. L’altro se ne andò subito credendo e invocando Cristo, e sua figlia fu purificata dal demonio. Molti altri prodigi fece, tramite il proprio servo, il Signore che dice: “Bussate, e vi sarà dato” (Lc 11,9). Poiché Antonio non apriva la porta, moltissimi indemoniati vennero purificati soltanto per aver dormito davanti alla casa di lui, e creduto e pregato scrupolosamente.

Tornò a visitare degli eremiti che risiedevano lontano; ed ecco, altri eremiti gli chiesero di salire su una nave e di attraversare il fiume perché pregasse con loro. Appena salì sulla nave, sentì un odore molto cattivo e pungente. Quelli che erano sulla nave dicevano che era l’odore del pesce salato. Egli però disse: “No, questo tremendo fetore ha un’altra ragione”. Mentre parlava, un giovane indemoniato che era salito prima sulla nave e si era nascosto, incominciò improvvisamente a gridare. Ma il demonio, rimproverato in nome del Signore nostro Gesù Cristo, uscì subito <e quell’uomo> guarì, e tutti seppero che il cattivo odore era del demonio.

Un altro uomo illustre, invasato dal demonio, fu condotto da lui. Questo demonio era così terribile, che l’uomo in cui abitava non capiva di venir condotto da Antonio. Arrivava al punto di mangiarsi le dita. Coloro che lo avevano condotto chiesero ad Antonio di pregare per lui. Egli ebbe pietà del giovane, pregò, e la notte vegliò con lui. Ma il giovane, verso l’alba, improvvisamente aggredì Antonio e si diede a scuoterlo. Coloro che lo avevano accompagnato si adirarono, ma Antonio disse: “Non adiratevi contro il giovane. Non è lui a fare questo, ma il demonio che sta in lui. Poiché è stato rimproverato e ha avuto l’ordine di andare <in> luoghi aridi, ecco che è impazzito e ha fatto così. Glorificate quindi il Signore. Il fatto che mi abbia aggredito, è per voi un segno che il demonio è andato via”. Mentre Antonio parlava, il giovane guarì improvvisamente, e divenuto ragionevole, riconobbe dove stava, e salutò il vecchio, e ringraziò Dio.

Quando andava via e noi lo accompagnammo fino alla porta della città, ecco una donna dietro di noi gridava dicendo: “Uomo di Dio, aspetta, perché mia figlia è terribilmente molestata dal demonio. Aspetta, ti prego, perché anch’io correndo non mi faccia male”. Il vecchio, udendo queste parole e pregato da noi, acconsentì a fermarsi. La madre si avvicinò, gettò la fanciulla a terra: Antonio pregò e invocò Cristo, la fanciulla si alzò guarita, poiché lo spirito immondo era stato cacciato. Anche la madre benediceva il Signore Dio e tutti ringraziavano, ed egli andando verso il monte godeva come se andasse alla propria casa (dai capp. 48, 63, 64, 71).